È finito il Festival di Sanremo, edizione 2023. E il dopo Festival. E il dopo-dopo festival. Anche i social sono già passati ad altri argomenti.
Noi ci siamo presi un attimo di tempo per fare alcune riflessioni. E penso al genocidio floreale di Blanco, al fatto che era una gag andata male (ma non lo era), che era preordinato ma adesso è indagato (o forse no, come al solito non si capisce.). La solita italianata. Penso al fatto che se lo cerchi su dott. Google trovi aggiornamenti su aggiornamenti. Ma finirà, come al solito, nel dimenticatoio.
Lo paragono a Grignani.
Stesso problema, audio imbarazzante (non so se colpa di qualcuno o di nessuno, le cose capitano). Gianluca chiede lo stop della sua esibizione «Scusate, colpa mia: ho chiesto all’ottimo fonico di palco di abbassare troppo la voce prima di salire sul palco. La voce non era più presente». Si ferma, interviene Amadeus e poi si riparte.
«A 50 anni ho imparato come si fa, a 20 anni non avrei saputo farlo», facendo l’occhiolino alle escandescenze dell’idolo delle teenager italiane e conquistandosi l’apprezzamento del pubblico e dei social.
Non poteva quindi mancare la lettera di Luciana Littizzetto alla mamma di Blanco, che tira in ballo un fulminato Tananai che si controlla bene per rimarcare come la povera Paola abbia pensato «perché il mio deve sempre fare il pirla e distruggere il lavoro di tante persone?».
La butta sul ridere Luciana, quando dice «Il problema è che in Italia l’adolescenza dei maschi dura fino a 50 anni». Ma la differenza abissale tra il comportamento del giovane deforestatore e l’adulto che sa come mettere le cose a posto, non può essere solo una questione di età e quindi di esperienza. Anche perché non credo che prima di quell’incidente, Blanco fosse un fulgido esempio di autocontrollo … o di disciplina.
Ma si sa, la disciplina è una cosa brutta.
Evoca immagini di righellate sulle nocche, di punizioni. Una disciplina negativa, quella dei “bimbi buoni” e “bimbi cattivi”. Che diventa poi il metro di misura che, da grandi, utilizziamo per dividere alla lavagna i buoni dai cattivi.
Esiste però quella che possiamo chiamare disciplina positiva o, usando l’espressione statunitense firm and kind, fermo e gentile, che descrive e riassume qual è l’atteggiamento dell’adulto che decide di applicarla. Il rispetto, la fermezza e la gentilezza sono infatti gli elementi cardine della disciplina positiva, che se applicata con convinzione e costanza, ha come obiettivo quello di crescere individui indipendenti, sicuri di sé, collaborativi perché nel tempo hanno imparato ad utilizzare il dialogo e la mediazione, invece del ricatto, della manipolazione, o peggio della violenza sperimentata sotto forma di “sculacciate”.
Attenzione però: non significa permettere ai bambini di fare ciò che vogliono. Significa al contrario guidare con gentilezza e fermezza, un atteggiamento che, grazie ai neuroni specchio e al loro funzionamento, questi bambini a loro volta replicheranno nella società. E lo sapeva bene Toru Kumon, educatore giapponese, classe 1914. Potete leggere nel dettaglio la sua storia e la storia del metodo qui.
Noi ve la facciamo breve: il Metodo Kumon è un sistema di apprendimento con il quale milioni di studenti in tutto il mondo, imparano ad essere autodidatti, competenti e responsabili. Il rispetto, la fermezza e la gentilezza sono infatti gli elementi cardine, un’educazione rispettosa, con poche regole chiare e giuste.
La disciplina positiva è caratterizzata da cinque criteri cardine:
- aiutare i bambini a sviluppare il senso di connessione;
- mutuo rispetto e incoraggiamento;
- i risultati non sono immediati ma arriveranno nel tempo;
- sostenere i bambini nello sviluppare le loro competenze sociali e personali;
- rendere i bambini consapevoli delle loro capacità.
Per questo possiamo dire che mentre la disciplina negativa, crea una società dove i riferimenti sono la violenza e il sopruso, la disciplina positiva crea i presupposti per delle relazioni fondate sul rispetto di sé e degli altri.
Riprendendo la lettera della Littizzetto, che chiude con «Stai tranquilla Blanca, sappi che ci sono tanti figli come Blanco, dotati di un grande talento ma dal carattere impossibile: hai tutta la mia solidarietà», vorrei aggiungere la mia personale chiosa.
«Caro Blanco, non è mai troppo tardi per apprendere usando il Metodo Kumon. Magari al prossimo festival, il fiore lo regali e non lo calpesti».